La Tiflologia è la scienza che si occupa di persone con deficit visivo (ipovedente e non vedente), ne studia le condizioni e le problematiche, al fine di indicare soluzioni per attuare a pieno la loro integrazione sociale e culturale.
La tiflologia si occupa dei disabili visivi con o senza altri deficit fisici o psichici. E’ quindi opportuno trattare i vari casi in modo diverso, tenendo presente l’unicità del bambino. La disciplina tiflologica si occupa dell’educazione e della formazione psicologica delle persone cieche ed ipovedenti permettendo loro di crescere adeguatamente e di inserirsi nel gruppo dei pari. Deve inoltre considerare ogni aspetto della persona senza dimenticare che l’aspetto psicologico e comportamentale sono condizionati dalla fisicità e dalla motricità.
Egli si occupa della psicologia della persona e aiuta quest’ultima a confrontarsi e a superare la malattia nel migliore dei modi. Sono importanti per il tiflologo la professionalità, ma anche il possesso di competenze specifiche per esaminare e studiare le malattie correlate all’handicap principale del soggetto, nonché l’esperienza sul campo con il bambino per prendere confidenza con esso ed ottenere risultati positivi. Dalla scuola dell’infanzia all’università, per i soggetti con questi disturbi ci sono a disposizione: la consulenza informatica, il sostegno psicologico alla famiglia, la consulenza per la scelta della metodologia e degli ausili didattici tiflologici, la consulenza per la compilazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato). Il tiflologo deve essere a contatto anche con l’insegnante del bambino in quanto il suo compito è anche quello di mediare tra il bambino, il gruppo dei pari e la famiglia. Tutti questi soggetti, cooperando tra di loro, indirizzano l’educazione del bambino creando un’unitarietà educativa. E’una figura importante perché cerca di eliminare quelle barriere, psicologiche o sociali, che impediscono al bambino di crescere indipendente ed autonomo e lo aiuta a convivere con il proprio deficit in modo che possa realizzare , come ogni persona, i propri sogni, ambizioni ed aspirazioni.
BRAILLE
Il codice di letto-scrittura Braille nasce nel 1829 grazie a Louis Braille e probabilmente non si pensò al fatto che sarebbe potuto essere un mezzo di studio. In Italia c’è un’equivalente dell’Accademia della Crusca che studia il significato da attribuire ai simboli del Braille. Sulla struttura dei simboli del Braille c’è un po’ di divergenza, ciò crea difficoltà nel trasmettere il pacchetto di simboli come pacchetto definitivo. Il codice è in evoluzione, ci sono dei simboli riconosciuti a cui se ne aggiungono altri: quelli che possono subire variazioni sono quei simboli che hanno uno stesso segno. Il Braille è un codice in rilievo, quindi tattile. La struttura del codice è logica, Per poter insegnare il Braille è importante che il bambino abbia una buona conoscenza del sé corporeo e una buona motricità corporea. Gli strumenti che facilitano l’insegnamento e quindi l’apprendimento del Braille sono:
– IL CASELLARIO ROMAGNOLI cioè una cassetta di legno con dei fori dove si possono inserire i vari parallelepipedi a base quadrata .Questo strumento viene presentato al bambino cieco prima che questo abbia imparato a leggere e scrivere in Braille, poiché, consente di sviluppare la motricità fine, la lateralizzazione, la conoscenza dei rapporti topologici, la coordinazione manuale, è importante non solo per l’apprendimento della scrittura, ma anche per apprendere la struttura dei numeri, o ancora si può usare per insegnare la geometria; –
– IL CUBARITMO cioè un casellario di plastica, dove sono presenti dei cubi che riportano sulle facce i segni in Braille dei numeri e delle operazioni;
–IL MOSAICO LOGICO cioè uno strumento formato da un casellario con vari parallelepipedi con diverse basi (quadrata, triangolare, cilindrica). Può essere usato per comporre figure.
AUTONOMIA E INTEGRAZIONE DEL BAMBINO A SCUOLA
Per autonomia si intende l’acquisizione di uno stato di libertà, indipendenza, autostima e fiducia in sé stessi. Quando pensiamo al concetto di autonomia legato al problema della cecità, pensiamo subito ad una difficoltà che il soggetto non vedente presenta a livello di movimenti. Il concetto di autonomia si basa invece sulla dimensione fisica, psicologica e mentale di ciascun individuo. Per permettere al bambino di raggiungere un certo grado di autonomia, è importante portarlo ad una piena conoscenza del mondo circostante. A limitare o a rendere difficoltosa la conquista dell’autonomia possono essere: i genitori che temono che il bambino possa farsi male o non sappia fare da solo determinare attività.
Ciò è sbagliato perché è importante che il bambino, anche sbagliando, conosca da solo il mondo circostante; l’ambiente che lo circonda, strutturato principalmente per i soggetti vedenti e nel quale qualsiasi cosa può mettere in difficoltà il soggetto non vedente. Bisogna aiutare il non vedente a superare il trauma della perdita della vista, affinchè abbia un corretto sviluppo psicologico e prenda coscienza delle proprie abilità e potenzialità. In questo modo il soggetto riuscirà ad organizzare ed autogestire le proprie giornate. La scuola è una delle agenzie formative che, attraverso l’uso di macchinari adeguati al deficit e fissando obiettivi da raggiungere, aiuta il bambino a crescere in modo autonomo e completo. A scuola il bambino non vedente ha il diritto di richiedere un insegnante di sostegno che lo aiuta a svolgere le stesse attività didattiche del resto della classe. Provvedere alla mancanza della vista con gli altri sensi, di cui il soggetto dispone, è il fulcro della didattica speciale, concretizza l’autonomia e permette un effettiva integrazione scolastica. Nella legge 104/92 art. 12 si afferma che “l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”. Per raggiungere tale obiettivo c’è bisogno dell‘INTERDISCIPLINARIETA’. Al non vedente sono necessarie tutte le discipline e se stimolato in un contesto classe collaborativo, riesce a svolgere regolarmente tutte le attività supportato da particolari strumenti. Questi ultimi sono soprattutto legati all’uso del tatto che permette di conoscere gli oggetti, valutare le distanze e avere percezione degli spazi. Importanti per il non vedente sono i libri di testo, solitamente libri in Braille o testi parlati ( audiocassette, cd e sistema DAISY che divide il testo rispettando la struttura). Il raggiungimento dell’autonomia personale e l’integrazione del bambino non vedente deve quindi avvenire valorizzando le sue potenzialità e facendo capire al bambino stesso che la sua realtà non deve essere vista negativamente, ma come risorsa per sé stesso e per le persone che lo circondano.